Tra dubbi, qualche paura e un po' di emozione, arriva per tutti il momento dello svezzamento. Un cambiamento molto atteso dai genitori, che spesso hanno le idee confuse circa le modalità con cui è giusto affrontare il passaggio dal latte al cibo vero e proprio. Tempistiche, modalità, dosi: sono tanti i nodi da sciogliere sul tema. Con questo articolo, cerchiamo di dissipare tutti i dubbi e fornirvi tutti gli elementi necessari per affrontare con serenità questo importante cambiamento, nelle abitudini del piccolo di casa e anche nelle vostre.
Svezzamento: quando è meglio iniziare? E come?
Il passaggio dall'alimentazione liquida, con latte materno o latte formulato, all'alimentazione mista, cioè che prevede l'introduzione anche dei cibi solidi o semisolidi, segue delle tempistiche ben precise, che non per forza sono strettamente collegate all'età del bambino.
L'organizzazione mondiale della sanità raccomanda la prosecuzione dell’allattamento esclusivo al seno fino ai 6 mesi circa, età attorno alla quale i bambini vengono solitamente svezzati. Va però detto che la stessa Oms non indica un'età precisa in cui i bambini debbano iniziare lo svezzamento, poiché ci sono tanti fattori che servono ad identificare qual è il momento giusto per compiere questo passaggio legati al livello di sviluppo, e quindi che possono essere diversi da bambino a bambino.
Ma come capire, quindi, quando il proprio bambino è pronto per compiere il passo dello svezzamento? Bisogna tenere in considerazione tre caratteristiche:
la maturità digestiva (di solito già intorno ai 4-5 mesi),
il controllo del tronco, che deve permettergli di mantenere una posizione eretta,
la scomparsa del riflesso di suzione.
Ultimo, ma non meno importante, è capire se il bambino dimostra interesse per il cibo. Se non dimostra nessun interesse, forse non è ancora il momento: meglio aspettare qualche tempo e riprovare. Questo significa che nessuno meglio del nostro piccolo esploratore potrà dirci quando è arrivato il momento di passare alla cosiddetta alimentazione complementare. Se il bambino, seduto nel seggiolone con noi a tavola, dimostra interesse per quello che vede, forse il momento è quello giusto.
I bambini, infatti, tendono ad imitare ciò che fanno i genitori per imparare: se ad un certo punto si protenderà in avanti per provare a prendere con le manine ciò che ha davanti, non è perché vuole quello che hanno i genitori, come spesso si tende a pensare sbagliando, ma è semplicemente il suo modo per far capire che vuole partecipare attivamente al pasto: vuole fare come fanno i suoi punti di riferimento.
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Svezzamento o autosvezzamento?
Se ormai l'autosvezzamento ha preso abbastanza piede, sono ancora in tanti a preferire lo svezzamento tradizionale. Ma iniziamo a fare una distinzione tra le due tipologie di svezzamento:
Le varie categorie di alimenti (farinacei, legumi, carne, pesce, uova) vengono introdotte nell'alimentazione una alla volta, seguendo uno schema dettagliato, che solitamente viene fornito dal pediatra.
Il motivo? Verificare che non ci siano componenti allergeniche per il bambino.
Solitamente le prime pappe sono liquide, composte perlopiù da brodi e passati, e via via con il trascorrere delle settimane si aggiungono certe tipologie di alimenti e poi cibi solidi, inizialmente di piccolissime dimensioni, come la pastina per la prima infanzia, e poi di dimensione sempre maggiore.
Non ci sono regole, né nell'ordine di inserimento degli alimenti né di dimensioni del cibo. Il bambino dev'essere lasciato libero di assaggiare ciò che mangiano i genitori, che devono affidarsi alla sua capacità di autoregolazione.
Ovviamente è importante che gli stessi genitori seguano un'alimentazione sana, in modo che il bambino possa mangiare cibi salutari, e non di certo cibi spazzatura.
È inoltre necessario proporre al bambino i cibi in forme specifiche, a stick e non a rondelle, per esempio, per evitare rischi di soffocamento.
La scelta giusta? Non c'è. Perché ogni bambino è a sé, e ogni famiglia ha delle dinamiche che è spesso bene assecondare.
Sempre l'organizzazione mondiale della sanità, però, a tal proposito dice: «Non esistono modalità e menu definiti per iniziare il divezzamento (altro modo per indicare lo svezzamento) del bambino tra 6 mesi e 3 anni. Va favorita l'interazione tra le preferenze della famiglia, le indicazioni del pediatra e il contesto socio-culturale e tradizionale per aiutare il bambino a sviluppare il proprio gusto e le scelte alimentari personali nell'ottica di un'alimentazione corretta». L'Oms, fa, però, anche una ulteriore precisazione. «Sono vari gli alimenti che possono essere offerti al bambino come primo cibo solido, mettendo da parte il criterio della progressiva introduzione degli alimenti secondo il grado di allergenicità». Insomma, in un certo senso boccia lo svezzamento tradizionale.
Nonostante ciò, ci sono ancora molti pediatri che propongono uno schema per l'introduzione dei cibi, e molte famiglie che accolgono con favore questa modalità.
Quel che conta è il risultato, che dev'essere un approccio curioso e sano al cibo, che dev'essere una scoperta per il cibo e una bella fase da vivere per tutta la famiglia, e non di certo una fonte di stress.
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Alimentazione complementare, non sostitutiva
L'introduzione di cibi solidi, che si parli di una pera frullata o di un maccherone, dovrà avvenire gradualmente, mentre il piccolo continua ad assumere il latte, che sia quello materno o quello formulato. Per indicare lo svezzamento si usa anche il termine alimentazione complementare proprio perché il piccolo per lungo tempo si alimenterà probabilmente ancora sia con il latte sia con i cibi solidi.
Come fare per capire se ha mangiato abbastanza o se eventualmente mangia troppo? Gli esperti sono tutti concordi nel dire che la miglior cosa è imparare ad osservare i comportamenti del bambino e fidarsi del suo potere di autoregolazione.
Giorno dopo giorno il vostro piccolo esploratore, sperimenterà nuovi cibi, a volte li rifiuterà anche, e continuerà a chiedervi il seno o il biberon per alimentarsi fino a quando da solo non inizierà a preferire il cibo solido per riempire il suo stomaco. L'importante è non forzarlo, proporgli il cibo in maniera positiva anche quando lo avrà rifiutato, magari qualche giorno dopo, con dolcezza, e magari dargli la possibilità di toccarlo con le manine in modo che possa avere con la pappa anche un contatto fisico, che vada al di là della bocca.
E per voi genitori, niente stress: non ci sono porzioni corrette da fargli assumere, soprattutto agli inizi, e nemmeno orari prestabiliti da far rispettare. L'unica cosa che conta è che il piccolo abbia il piacere di scoprire, e attraverso la pappa di fare un altro piccolo passettino verso il mondo dei “grandi”.